Proposta di invito alla declinazione femminile dei ruoli.

Alla cortese attenzione

Il.mo Sig. Presidente Giorgio Napolitano
Il.mo Sig. Presidente Mario Monti
Il.mo Sig. Presidente Renato Schifani
Il.mo Sig. Presidente Gianfranco Fini
Il.ma Sig.ra Ministra Elsa Fornero
Il.ma Sig.ra Ministra Anna Maria Cancellieri
Il.ma Sig.ra Ministra Paola Severino
Il.ma Sig.ra Segretaria Susanna Camusso
Il.ma Sig.ra Presidente Emma Marcegaglia

Oggetto: Invito alla declinazione femminile dei ruoli.

Illustrissima Signora, Gentilissimo Signore,

La discussione intorno al “sessismo” nella lingua italiana nasce nel 1987 quando Alma Sabatini pubblica per la Presidenza del Consiglio dei Ministri uno studio dal titolo “Il sessismo nella lingua italiana”, di cui uno dei capitoli centrali è quello delle “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”.

Negli anni a seguire, il testo di Sabatini è stato ripreso, rimaneggiato, riproposto e, a volte, inglobato, in varie altre pubblicazioni (p.e. nel Manuale di stile – Strumenti per semplificare il linguaggio delle pubbliche amministrazioni del 1997) . Sebbene esso sia continuamente citato ogni qual volta si affronta l’argomento, nelle Università come nei dibattiti sul tema, le raccomandazioni del 1987, ancora attuali, ad oggi rimangono sostanzialmente disattese, tanto dai media quanto dalla pubblica amministrazione, salvo rare virtuose eccezioni.

Ora, se lingua e l’attenzione per essa non sono affatto questioni di poco conto, tanto meno può dirsi marginale l’esigenza di declinare al femminile anche i ruoli e, in particolare, quelli politici ed economici come i Vostri. “In principio era il Verbo”, la parola creatrice, dove la sua assenza, l’assenza di parola, di voce, nega l’esistenza e impedisce tanto l’immagine quanto lo sviluppo del pensiero intorno ad essa. Così, ad esempio, una persona di sesso femminile è accolta sulla maggior parte delle piattaforme online con un “benvenuto”, è indicata come “cittadino” nei moduli della Pubblica Amministrazione e, nelle questioni scolastiche, spesso scompare a favore del “Padre o di chi ne fa le veci”.

Un mondo coniato al maschile perché maschile era la storia della società fino a pochi anni fa, un mondo che oggi va ridefinito, anche nella lingua, al femminile, perché oggi le donne sono cittadine con pari dignità degli uomini e la loro storia potrà essere tracciata solo se ci saranno le parole per farlo. Molti modelli di oggi, pensati e declinati solo al maschile, oramai vanno ripensati: le cose, infatti, cambiano, così come cambiano i modelli di produzione e d’integrazione economica. Ebbene, è giunta l’ora di modelli virtuosi anche a livello letterale.

Nel 2007, la Direttiva Nicolais – Pollastrini per le “Pari Opportunità” nella Pubblica Amministrazione ci ha provato, ma non è stata così incisiva; arriviamo al 2010 e la Provincia di Bolzano ne incorpora l’essenza in una legge provinciale. Ancora, all’inizio del 2012, il Comitato per le pari Opportunità dell’Università Ca’ Foscari di Venezia sottopone l’irrisolta questione all’attenzione di Ministre e Ministri in un documento che invita a uno sforzo collettivo (condiviso anche da Rete per la Parità nell’Assemblea del 13 febbraio 2012).
Forse domani qualche giornale in più seguirà l’esempio, forse qualche altra amministrazione seguirà l’esempio, forse qualche Assessora e qualche Ingegnera. La speranza è che, seppur non in maniera repentina, ma piuttosto progressiva – come richiede ogni cambiamento culturale –, accanto al Ministro compaia la Ministra e l’articolo “la” davanti al cognome della Ministra non sia più necessario: tutti sapranno che la Ministra Fornero è una donna!
In tale situazione, quindi, ricordando pure tutte quelle donne del passato che sono riuscite, senza spargimenti di sangue, a far passare termini come pittrice, scultrice, scrittrice, Le sottoscritte e I sottoscritti affidano a Voi, Signore Ministre, Signora Segretaria, Signora Presidente e Signori Presidenti, come più alti rappresentanti del sistema politico ed economico, la richiesta d’intervento e di risposte urgenti.

Con i più cordiali saluti,

– Monica Amici
– Francesca Petrini
– Iole Natoli, per il Gruppo facebook “Per una lingua italiana sessuata (o al limite neutra) e non sessista” e per il gruppo di Facebook “Genere lingua e politiche linguistiche”;

98 pensieri su “Proposta di invito alla declinazione femminile dei ruoli.

  1. avvocatessa o avvocata, la presidente o la presidentessa, ingegnera o ingegneressa, funzionaria o funzionaressa? magistrata, l’idraulica, falegnama, ministra, viceministra, tecnica informatica, per l’autista donna come facciamo? mmm, avrei qualche dubbio. cambia solo l’apostrofo o ci si mette autistessa? per gay invece?

    iniziative di questo genere, alle donne, fanno più male che altro. declinare il genere di un nome che identifica un ruolo ha in se qualcosa di profondamente dispregiativo. come se un’avvocatessa fosse diversa da un avvocato. come se un presidente donna fosse diverso da un presidente uomo.
    un presidente è un presidente, maschio o femmina non cambia, almeno per me. evidentemente per qualche femminista del 2011 si..

    volete l’uguaglianza? pensate che queste inutili battaglie cambino qualcosa?
    una medica? io, da una che si fa chiamare “medica”, non mi farei mai curare. da un medico donna si.

    saluti. il polemista
    MP

  2. Sottoscrivo per quanto riguarda l’uso sessista del genere e per l’abolizione del brutto vizio di mettere l’articolo davanti al cognome solo delle donne. Ma sono molto critica sulle declinazioni dei nomi e delle professioni: farmacista: nessun uomo chiederebbe di essere chiamato farmacisto, Idem per alpinisto, equilibristo, consulento, imprenditoro, attrezzisto, paracadutisto… Sono risibili certe declinazioni, tanto al maschile quanto al femminile. Passi per ministro e ministra ma dire assessora mi fa venire in mente che allora si dovrebbe dire assessoro di un uomo, il che è solo stupido. Io sono architetto e chi mi chiama architetta è solo ignorante perchè “tetto” sta per tettonica (che tra l’altro è di genere femminile) e si dice così, punto. Se si vuole sottolineare (anche se non è mai necessario) che sono una donna si deve, educatamente, dire “signora architetto”. Eccetera eccetera, di esempi ce ne sono fin troppi.
    Smettiamola con i complessi di inferiorità, chi non li ha non si fa mica tanti problemi, dice “non mettetemi l’articolo davanti al cognome” e tira dritto a fare il suo lavoro. Quelle sono azioni che sottoscrivo davvero!

    • farmacista fa come alpinista, autista, barista: sono nomi che hanno una sola terminazione per il maschile e per femminile. Consulente è una parola che ha una sola terminazione per il maschile e per il femminile: è un participio presente che può essere usato come sostantivo (insegnante, per es.) oppure come aggettivo (deficiente, per es.). Assessore è una parola come attore, quindi, se si dice attrice, si dovrebbe dire assessirice, ma non lo si può fare per ragioni fonetiche: in italiano non si può pronunciare -ssr. Quindi si ricorre ad una forma creata dall’uso e cioè “-ora” come fattore/fattora, per es., già nell’italiano antico.
      Il greco architéktwn, architéktonos, è un nome in consonante (-n) della terza declinazione, ad una sola terminazione per il maschile ed il femminile, ma è sempre stato usato con un articolo al maschile (hos=il). Il latino, invece, trasferisce il nome nella seconda declinazione, facendone architect-us. Ora, sebbene non tutti i nomi della seconda declinazione, in -us, siano maschili, tutt’altro, e l’esempio classico è domus, che è femminile e richiede aggettivi al femminile (cioè in -a), sicuramente l’epiteto di architect-us era inteso al maschile, e qualora si fosse indicata una donna costruttrice si sarebbe detto architect-a, così come il latino medic-us al femminile era medi-ca. Del resto, in italiano i nomi latini in -us diventano tutti maschili, e quelli latini in -a tutti femminili (quelli in -a sono quelli della prima declinazione, non i cosiddetti nomi di agente, che in italiano fanno -sta ed in latino e in greco fanno -stes e -stis). Quindi, in italiano medico è maschile, ed architetto è maschile: quindi i femminili grammaticalmente corretti sono medica e architetta. Che poi non piaccia indossarli, è un altro discorso 🙂

      • sappi che siamo nel 2012 e la tua filologia serve solo a rimpolpare vuote biblioteche. se dovessi prendere per verità assoluta ogni consuetudine greca, potrei finalmente sodomizzare il bambino che vive qui sotto.
        Invece di tenerlo a pane e acqua legato al muro mentre gli impongo di tradurre inediti testi di saffo.
        vi abbraccio e vi amo.
        saluti
        il polemico

        • Le argomentazioni portate avanti in questo post sono decisamente fuori luogo e inopportune. Ti invito a lasciare da parte esempi estremi di violenza, per di più su minori che nulla – proprio nulla – hanno a che vedere con la questione analizzata qui.
          Abbiamo già raccolto la tua posizione, dandogli spazio e rispondendo educatamente, il discorso ora è chiuso. Non si vuole animare un dibattito sul tema perché questa è una raccolta di firme.
          Non sei d’accordo e lo abbiamo compreso. Rispettiamo la tua posizione, espressa almeno tre volte. E’ vero che “repetita iuvant”, ma noi avevamo capito già la prima volta. E comunque grazie di averci dedicato tanto del tuo tempo per farci capire che non sei d’accordo.

  3. Sottoscrivo a nome dell’A.F.F.I. Associazione Federativa femminista internazionale e a nome mio. L’Associazione ALMA SABATINI fa parte dell’AFFI e della Casa internazionale delle donne di Roma; ha come Presidente Edda Billi, amica di una vita e compagna appassionata nella stesura del libro sul sessismo nella lingua italiana. A maggio si terrà un convegno su Alma , curato da Archivia e dall’Associazione a lei intitolata

  4. @ il Polemista e la signora architetto.
    Le vostre legittime perplessità possono trovare ampie risposte nei seguenti documenti:

    1) “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”.

    Fai clic per accedere a linguaggio_non_sessista.pdf

    2) Manuale di stile – Strumenti per semplificare il linguaggio delle pubbliche amministrazioni

    Fai clic per accedere a manuale_di_stile.pdf

    3) Direttiva Nicolais – Pollastrini

    Fai clic per accedere a direttiva_pari_opportunita.pdf

    4) Manuale di stile – Univeristà di Palermo

    Fai clic per accedere a manuale_stampabile.pdf

    5) Legge della Provincia autonoma di Bolzano sulla parificazione e sulla promozione delle donne e modifiche a disposizioni vigenti
    http://pubsrv.provinz.bz.it/apps/lexweb/current/lp-2010-5.html

    6) Neutralità di genere nel linguaggio usato al Parlamento europeo

    Fai clic per accedere a neutralitagenere.pdf

    Esiste molto altro materiale disponibile in rete e spero che queste prime indicazioni vi aiutino nell’approfondimento di un tema che vedo è di vostro interesse.

    • Gentile Monica, leggerò sicuramente con interesse ogni singola riga delle circa 5000 pagine che hai postato. Tranne i primi due link però, che aprono solo la pagina del ministero…
      Intanto però vorrei fare una protesta.
      In un’aula ci sono maschi e femmine. Perchè si dice la classe (femminile)??
      Voglio parità di genere!
      e una Presidentessa del Consiglio dei Ministri o, finalmente, una Capa dello Stato.
      Vi abbraccio fortissimo

      • Ti riporto un link valido al primo dei documenti:

        Fai clic per accedere a linguaggio_non_sessista.pdf

        Relativamente alla protesta, azzarderei una risposta: forse perchè si dice gregge al maschile? Una sorta di parità nella disparità? 😉

        La parola Presidente è una di quelle indeclinabili, basta anteporre il giusto articolo, lo stesso vale per comandante, sacerdote, e via dicendo. Nel link sopra ci sono molti esempi che aiutano nel declinare correttamente Ruoli e Cariche al maschile e femminile.

        • hai ragione.
          io faccio la guardia giurata, e voglio aderire. voglio mi si chiami “il guardio giurato”, grazie.
          e mio fratello fa la sentinella, e vuole essere chiamato “il sentinello”
          un abbraccio (con o senza apostrofo?)
          vi assicuro che sto ponendomi il problema seriamente.

          • Caro Massimo, la lingua italiana è piena di eccezioni.
            Come quelle che riporti tu come esempio: “guardia” o “sentinella” sono femminili anche se si riferiscono a uomini, mentre “soprano” o “contralto” sono nomi maschili anche si riferiscono a voci femminili.

            In effetti, sarebbe stato tutto più semplice se A-femmina O-maschio e basta, ma, ahimè, non è così.
            Per consolarti ti invito a ritrovare un vecchio film di Benigni dove il comico analizza la nascita del genere umano a partire da AdamO(o-maschio) e EvA(a-femmina) e ponendosi il dilemma di come avessero fatto CainO(o-maschio) e AbelE(e-?) a generare il resto.
            La risposta è all’inferno, dove Caino, dopo aver ucciso Abele, finalmente incontra SatanA(a-femmina) …

  5. sono molto d’accordo! anche a fare l’invito all’interno della p.a. di utilizzare il linguaggio di genere all’interno delle ppoo viene visto come un fastidio, ancorandosi tuttora alla poco convincente motivazione che il maschile è neutro. Ma lo è veramente? Allora penso che per lo stesso motivo anche il femminile è neutro e pertanto potremmo provocatoriamente chiamare i direttori direttrici, tanto cosa cambia? anche il femminile è neutro!

  6. Sottoscrivo.
    sopratutto perchè, al di la del merito, che condivido, è importante ogni azione che richiama la declinazione di genere come modello per leggere e ricreare il momndo e le relazioni che lo producono.
    Ed è iportante ogni azione portata, su questo tema, alla discussione da donne giovani di generazioni che del femminismo storico hanno solo sentito – forse -parlare. Significa che anche la consapevolezza può essere riprodotta, nonostante i “difetti di trasmissione” che il Movimento ha avuto, una riflessione autonoma, da uno sguardo nuovo delle giovani sul mondo.
    Rita Ghedini
    Senatrice

  7. Come potrei non aderire io, autrice del (primo?) romanzo (‘Il giusto mondo’, Excogita ed.) scritto con linguaggio interamente al femminile (non solo le professioni, anche nomi generici, plurali e.. imprecazioni!), comprovando, se ce ne fosse bisogno, che il linguaggio sessita ha il potere di cancellare un genere rispetto all’altro?
    Chi fosse interessato può trovare i riferimenti sul sito http://www.ilgiustomondo.it
    Laura De Benedetti, giornalista e scrittrice

  8. firmo ma con non poche perplessità: secondo me cambiare forzatamente il modo di esprimersi non aiuta, purtroppo, a cambiare il modo di pensare e di relazionarsi.

  9. silvia raschillà
    la lingua è la forma dei nostri pensieri, se la lingua è ambigua i nostri pensieri non possono essere tradotti correttamente.
    non forziamo nessuno; ma se a poco a poco iniziamo ognuno a introdurre un vocabolario asessuato o bisessuato nel quotidiano recupereremo un pò della nostra identità.
    convintamente sottoscrivo e condivido

    • help me.
      io faccio la guardia giurata, e voglio aderire. voglio mi si chiami “il guardio giurato”,
      e mio fratello fa la sentinella, e vuole essere chiamato “il sentinello”
      un abbraccio (con o senza apostrofo?)
      vi assicuro che sto ponendomi il problema seriamente. e su questa ultima frase non c’è ironia

  10. Sono un’Avvocata e mi occupo di pari opportunità ormai da svariati anni; mi appassiona l’evoluzione della lingua italiana e il linguaggio di genere mi interessa soprattutto dal punto di vista amministrativo e giuridico.
    Pertanto sottoscrivo e diffondo!
    antonellaroselli@libero.it
    Avv. Antonella Roselli

  11. Sottoscrivo e noto, con amarezza, che chi non ha aderito o ha espresso note polemiche non ha firmato il commento. Anche questo è tipico di una cultura maschilista che teme l’uscita “dal gregge” e non vuole mettersi in gioco come invece dovremmo essere in grado di fare.
    Daniela Monaco

    • esatto, penso che esista una certa cecità da parte di alcune donne, sono intrise di cultura maschilista senza comprenderlo, forse temono di perdere un potere, di tipo seduttivo, nei confronti degli uomini. Non mi sento rappresentata da donne che evitano di farsi nominare “ministra” o “segretaria” o “direttrice” o “assessora”…alle prossime elezioni, se sarà cambiata le legge elettoirale, cerchiamo di valutare anche queste “disposizioni” nella scelta di chi votare!

  12. E’ noto che la lingua italiana si trasforma e adotta continuamente nuovi vocaboli di varia origine, per cui ritengo sia giunto il momento di inserire vocaboli che declinino in modo inequivocabile al femminile termini atavicamente maschili. Ci vorrà un pò di tempo per abituarci, ma credo che ne valga la pena se vogliamo diventare cittadini italiani alla pari.

  13. margherita diana on marzo 1, 2012 alle 9:30 am said: Modifica

    mi interessa firmare la petizione sul linguaggio. fantastica!

    Grazie Margherita.
    (il post originale di Margherita è in un’altra pagina)

  14. Da sempre credo che uomo e donna siano le due face della stessa medaglia solo che secondo me la prevalenza non dovrebbe essere al maschile ma al contrario visto i risultati raggiunti dai maschietti.
    Quindi non il Padre o chi ne fa le veci, anche perchè nella maggior parte dei casi è sempre stata la madre a fare. Dovrebbe quindi essere ” La madre o chi ne fa le veci”.
    Un saluto a Francesca e a Monica.

  15. non sottoscrivo perché il tutto mi sembra intellettualistico, fuorviante e sessista. La questione è: un’architetta ha pari opportunità se usa il suo titolo al femminile? Un’assessora (la Sensi per es.) ha pari dignità dopo essere stata chiamata lì solo per le vergonose quote rosa? Basta cambiare il genere del nome per modificare la cultura maschilista? Potranno anche salutarti con ‘buongiorno signora assessora’, ma il sorrisetto agli angoli della bocca rimarrà. E allora forse ci stiamo perdendo in scolastiche disquisizioni, mentre i maschi continuano a fare carriera e dirigere il paese. Le qestioni di genere vanno ben oltre lo Zingarelli. La lingua è pensiero ed è sul pensiero che bisogna lavorare.

    • Cara Gianna,
      la parità tra gli umani (non solo rispetto al genere) è un balzo intellettuale importantissimo. In natura forse nessuno è pari, ciascuno e ciascuna cerca di sopraffare l’altro o l’altra, in una competizione che solo la mente umana (con le religioni, la filosofia, il pensiero etico – tutti esercizi di astratta intellettualità) può permettersi. La riflessione sul mezzo che ci permette tutte queste attività intellettuali sembra essere molto difficile, a tutte e tutti. Ma chiediamoci perché nessuno chiama la bidella il bidello, così in modo neutro.

  16. Condivido l’intento simbolico emancipativo ma dubito dell’efficacia pratica e, ancor più, della fattibilità concreta della cosa. D’altra parte l’iniziativa ha il pregio di mantenere viva l’attenzione sulla questione femminile (sarebbe neglio dire sulla problematica del mondo coniugato al maschile) e in tal senso sottoscrivo.
    Lara Scarsella

  17. Condivido e sottoscrivo, trovo sia un’ottima iniziativa che concorre a far sperare, se lavoriamo insieme per il comune obiettivo, di utilizzare e veder utilizzare in tempi non biblici un italiano al passo con i tempi, come stiamo cercando di sollecitare all’interno dell’iniziativa della Rete per la Parità “3 leggi a costo zero”:
    Mai più donne invisibili, Mai più italiane portatrici d’acqua, Mai più maternità e paternità penalizzate.
    Sottolineo che molte delle persone che sottoscrivono sono state, come me, tra le promotrici del documento CONDIVIDERE E DIFFONDERE BUONE PRATICHE LINGUISTICHE, redatto al termine di una programmazione annuale di iniziative su Lingua e genere, a cura del CPO dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che vuole essere un punto di partenza per sollevare la riflessione critica su un uso stereotipato del maschile nella lingua italiana che porta alla scomparsa delle donne nei ruoli di prestigio e di potere nella società italiana.
    Il documento è stato redatto da Donatella Artese, Giuliana Giusti, Teresa Santilli e condiviso dalle partecipanti alle tre iniziative: Carla Berto, Francesca M. Dovetto, Maria Pia Ercolini, Stefania Cavagnoli, Orsola Fornara, Fabiana Fusco, Annamaria Levorin, Gianna Miola, Luisa Napolitano, Rosanna Oliva, Franca Orletti, Manuela Romei Pasetti, Patrizia Tomio.Il doc è in rete su http://www.womenews.net/spip3/, vari altri siti e, in quanto condiviso da Rete per la Parità nell’Assemblea del 13 febbraio 2012, anche su http://www.reteperlaparita.org/wp/
    Rosanna Oliva “Rete per la Parità” e “Aspettare stanca”

    • Ti ringrazio sentitamente.
      Conosco bene il vostro impegno e che siete un punto di riferimento importante sul tema. Inserirei immediatamente un rinvio anche alle vostre iniziative, nel testo della lettera …

  18. Cuoca, cameriera, domestica, segretaria (quella che rispone al telefono, non quella generale della Cgil, che si fa chiamare “segretario”), bidella, operaia, contadina, pastora (e non “pastrice”!), lavandaia, ausiliaria, infermiera… perché la lingua italiana è sempre riuscita perfettamente a declinare al femminile questi mestieri e funzioni?
    Perché i problemi se li crea solo con i mestieri da lauerate o con le cariche politiche? E’ chiaro che l’ostacolo non è grammaticale, ma simbolico: chi usa il maschile per le donne in questi casi vuole dare l’idea che le donne in questione “facciano le veci de padre”. E il messaggio passa, eccome. Le direttive forse non modificano l’uso, ma molte donne e anche uomini lo stanno già modificando, e chiedere in tante (e tanti) di farlo è senz’altro opportuno.
    Perciò, sottoscrivo.
    Silvia Baratella – Milano

  19. Raffaella Veronese (componente Comm.P.O della prov. di Venezia, su indicazione di Coldiretti Donne Impresa) in ha detto:

    …anche noi, imprenditrici donne di Coldiretti – Venezia, condividiamo e sottoscriviamo.
    Coldiretti Donne mpresa – VENEZIA.

  20. Tra le molte donne che scelgono di declinare la propria professione al maschile c’è anche la scrittrice Michela Murgia, che su facebook è “scrittore”.
    Le scrissi una mail tramite facebook per sottoporre la questione alla sua attenzione, rinviandola anche a questa discussione. Non ho mai avuto risposta e “scrittore” è ancora lì.

    Tra le altre anche la “Segretario” del neonato partito ateo DA (Democrazia Atea) Donatella Corsetti.
    Scrissi anche a lei, tre volte, senza risposta.
    Alla fine mi sono cancellata dalla loro newsletter, perchè ogni volta quella firma in calce con qualifica mi ricordava, con dispiacere, il silenzio.

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